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Richard Bach
Salvataggio In Mare
Rescue Ferrets At Sea © 2002
La furetta e il topo di campagna
Un topolino di campagna che correva a perdifiato per scappare da un
gatto si trovò faccia a faccia con una furetta.
«
Ahimè, sono perduto!
»
esclamò il topolino.
«
Sono scampato a una
tragica sorte per finire dritto dritto tra le zampe di un'altra!
»
«
È vero che sei finito tra le mie zampe
»
disse la furetta.
«
Ma io non
sono una tragica sorte; sono una creatura proprio come te, guidata dal
destino che ho scelto e dal più alto senso del bene.
»
Così dicendo, la furetta portò in salvo il topolino e lo liberò.
Il topolino le prese le zampe in segno di gratitudine.
«
Come posso
ringraziarti per avermi salvato la vita?
»
«
Soltanto in un modo
»
rispose la furetta.
«
Proteggendo la vita di un
altro essere vivente.
»
Poi la furetta se ne andò e il topolino non la rivide mai più.
Dà più gioia salvare una vita che lasciarla morire; è più nobile
soccorrere chi è in difficoltà, invece che abbandonarlo alla propria sorte.
Antonius Furetto, Favole
Capitolo 1
Le stelle giravano molto lentamente nel cielo buio della fresca sera
d'estate, e Katrinka Furetta prese in braccio i suoi due piccoli, fratellino e
sorellina, e li depose delicatamente nella loro amaca per la notte. I muri di
pietra rilasciavano nella casa dei furetti il calore accumulato durante la
giornata e i cuccioli, freschi di bagnetto, aspettavano la favola della
buonanotte.
Katrinka fece scorrere la zampa lungo la fila di libri sullo scaffale della
camera da letto, con lo sguardo fisso sui due piccini, aspettando il
momento giusto.
«Questo!» gridarono insieme Bethany e Vincent. In quel preciso istante,
la zampa della mamma si fermò e prese il libro in corrispondenza del quale
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si trovava. Katrinka riconosceva quel libro al tatto, dalle orecchie
consumate della copertina.
Continuando a guardare i piccoli, prima ancora di dare una sbirciatina al
titolo, spalancò gli occhi fingendosi stupita.
«Santo cielo, che cosa sarà mai?» disse. «Vediamo un po': non sarà
mica, per caso, Salvataggio in mare?»
Aveva letto così tante volte quella storia, che ormai anche i muri la
conoscevano a memoria, ma i due piccoli gridarono «Sì! Sì!» come se quel
libro fosse magicamente apparso dal nulla.
«Allora, cuccioli miei» disse Katrinka «mettetevi tranquilli e vi
racconterò la storia dei piccoli furetti che andarono per mare...»
Bethany, la più grande, si rannicchiò nel suo angolino preferito di
amaca, tirando su il soffice piumone fino al mento, con il naso e i baffetti
sull'attenti, puntati verso la madre. Era già pronta, con gli occhi chiusi,
immersa nel suo mondo di fantasticheria, in attesa che la favola
cominciasse.
Vincent era coricato accanto a lei con in mano il suo riccio di peluche e
cercava la posizione più comoda possibile nella parte di amaca rimasta.
Sapeva che un giorno quell'amaca sarebbe stata tutta per sé, ma ora era
felice di esserci insieme alla sorella, e voleva che fosse lei a occupare la
parte più comoda.
«C'era una volta» cominciò la mamma «sulle rive di un grande oceano,
una combriccola di piccoli furetti in cerca di divertimento. Erano
avventurosi, ma non molto saggi, infatti decisero di abbandonare la
terraferma e di prendere il largo, alla volta dell'Isola Proibita...»
A questo punto, la madre aprì il libro per mostrare ai figlioletti il disegno
degli avventurosi-ma-non-molto-saggi furetti su una zattera che per vela
aveva un lenzuolo. Bethany, sempre a occhi chiusi, fece cenno di sì con il
capo, perché quel disegno se lo immaginava perfettamente.
Ah, stupidi! pensava Bethany, sapendo che i piccoli erano partiti ignari
del fatto che sull'Isola Proibita stesse per abbattersi una spaventosa
tempesta di bolle.
Mentre la madre leggeva, Bethany aveva davanti agli occhi la scena: il
viaggio di un giorno per arrivare all'isola e i piccoli furetti che
procedevano spinti più dalla corrente che dalla loro abilità di marinai; li
vide incagliarsi e procedere a tentoni, senza orientamento perché ormai
cominciava a farsi sera, inconsapevoli di un cielo che segnalava l'arrivo
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della tempesta. Vide il lampo squarciare il cielo e udì il fragore del tuono. I
piccoli, incauti furetti erano in trappola.
«E adesso cosa facciamo?» sussurrò Bethany, quasi senza muovere le
labbra.
«E adesso cosa facciamo?» lesse Katrinka mostrando il disegno, che
occupava due pagine intere, dei sei sventurati animaletti arenati su un
misero spicchio di terra, circondati da una muraglia di bolle e schiuma.
«Che cosa si poteva fare?» dissero contemporaneamente mamma e
piccini. Bethany riusciva a vedere tutto quello che stava succedendo: la
tempesta che avanzava inesorabile; le grandi imbarcazioni che tornavano
al porto in fretta e furia per scampare alla collera di un oceano diventato
selvaggio; i poveri naufraghi aggrappati agli alberi come bandiere di
pelliccia prima di venire scaraventati per terra a zampe all'aria; il momento
in cui i genitori si accorgevano che i loro cuccioli erano dispersi chissà
dove, con una misera scorta di cibo, mentre la tempesta infuriava. Alla fine
il vento si attenuò, ma l'isola e il mare erano sommersi di bolle;
impossibile per una creatura di terra azzardarsi a salpare.
«Che cosa si poteva fare?» lesse la madre.
«CHIAMARE I FURETTI SOCCORRITORI!» gridarono all'unisono i
piccoli.
«Proprio così» disse Katrinka. «Chiamare i furetti soccorritori!» E voltò
pagina.
Bethany s'era talmente immedesimata, che quasi aveva smesso di
respirare. La campanella dell'allarme suonava incessantemente al comando
della stazione dei Furetti Soccorritori; il capitano Terry Furetto e la sua
squadra di pronto intervento si precipitarono ai loro posti; con un sordo
fragore, il potente bimotore si accese e in un attimo gli ormeggi finirono in
acqua, nella scia dell'agile imbarcazione in missione di soccorso.
Gli animaletti dell'equipaggio uscirono dal canale e si infilarono tra le
bolle, facendole volare da tutte le parti, a bordo del frangibolle
Furetta
Emily T
che fendeva l'oceano alla volta dell'Isola Proibita.
Ah, che coraggio!, pensò Bethany immaginandosi il capitano Terry,
anche se sapeva che era troppo impegnato per badare ai complimenti.
Il capitano governava la nave rischiando il tutto per tutto: azzardò una
rotta vera che intersecava le normali rotte di navigazione per l'isola, con
entrambi i motori avanti tutta, alla massima velocità. Guardò il radar per
vedere se ritornava il segnale di qualche nave in traiettoria, ma le bolle gli
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avevano oscurato lo schermo elettronico. Più che del radar, per evitare
un'eventuale collisione con un'altra nave che li avrebbe certamente fatti
colare a picco, si fidava dell'udito fine della sua ciurma, in grado di captare
anche i suoni più lontani.
Nel frattempo i ragazzi sull'isola, sommersi dalle bolle, si tenevano per
la zampa per rimanere uniti. Avevano esaurito tutte le provviste,
condividendo il loro cibo fino all'ultima briciola. Si abbracciavano stretti
stretti, tremanti dal freddo, ormai non più certi di riuscire a vedere il
prossimo tramonto. Che sciocchi erano stati a prendere sottogamba un
viaggio del genere, e come erano pentiti di averlo fatto!
«Nave a prua, capitano!»
Bethany vide esattamente quello che vide il capitano sul radar, ossia la
sagoma di un piroscafo umano che sbarrava la strada alla
Emily T
, con cui
era entrato in rotta di collisione.
«Vira tutto a dritta!» gridò il capitano al furetto timoniere, e il battello di
salvataggio s'inclinò su un fianco a tutta velocità, con schizzi e bolle che
volavano da tutte le parti.
Per un attimo, in mezzo alla schiuma bianca come la neve apparve lo
scafo della nave: una muraglia nera di solido acciaio, immobile, che lasciò
delle strisciate nere come la pece sulla fiancata dell'imbarcazione dei
furetti lanciata a tutta velocità. Poi sparì alle loro spalle.
«Vira tutto a babordo! Raddrizziamoci.»
Alla fine, dopo aver zigzagato per un po', il battello di salvataggio
dovette rallentare bruscamente per passare tra gli scogli e le secche
dell'Isola Proibita. Il furetto Abington, a prua, lanciò la sagola per lo
scandaglio e comunicò la profondità.
«Venti zampe, Mark!» gridò. Poi lanciò di nuovo la sagola e si sentirono
dapprima un sibilo nell'aria e poi un tonfo nell'acqua, mentre
l'imbarcazione avanzava.
«Quindici zampe!» Le bolle, tre volte più alte dell'antenna radar,
imbiancavano ancora il mare e l'isola.
«Dodici zampe!»
«Gettate l'ancora!» ordinò il capitano. «Sirena.»
Il rumore della sirena squarciò per quattro volte l'aria. Dall'isola,
praticamente invisibile, tornò soltanto l'eco; poi, il silenzio.
«Di nuovo.»
Dopo l'eco, si udirono in lontananza delle fievoli grida di felicità.
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Il capitano si mise all'altoparlante. «Ehi, voi sull'isola, vi parla il
capitano del battello di salvataggio
Furetta Emily T
Ci troviamo a un
centinaio di zampe dalla costa; la nostra sirena suonerà ogni trenta secondi.
Avvicinatevi alla riva e verremo a prendervi. Non cercate di raggiungerci a
nuoto: ci penserà il nostro equipaggio a portarvi in salvo.»
Le grida di felicità dei naufraghi si fecero più forti, e si cominciarono a
sentire anche i loro «Ehi! Ehilà!».
Ancora pochi colpi di sirena e il furetto Jingles apparve con la prima
piccola peste, tutta infangata e coperta di bolle.
«Sali, ragazzino» gli disse sollevandolo di peso e passandolo sul ponte a
furetta Joanna, vedetta di prua. Poi tornò indietro a prendere, uno alla
volta, gli altri piccoli avventurosi.
Il viaggio di ritorno verso la stazione di soccorso fu più lungo di quello
d'andata. Anche se le bolle erano diminuite, il mare consentiva al massimo
una mezza velocità di crociera, persino per un battello frangibolle salva-
furetti.
Quando la madre girò l'ultima pagina, quella con il disegno della piccola
furetta Angela che bacia sulla guancia il capitano Terry, Bethany si
asciugò una lacrima, ancora una volta piena di ammirazione per gli
impavidi furetti del Servizio di Soccorso.
Katrinka chiuse il libro. La stanza era immersa nel silenzio. Allora si
alzò e rimboccò per bene le coperte. «Buonanotte, piccoli.»
Bethany fece un respiro, poi si fermò un attimo e alla fine disse:
«Mamma, un giorno potrò essere anch'io un furetto soccorritore?».
Katrinka si girò a guardare la figlia. Ah, la mia primogenita, pensò.
Tutta suo padre.
«Potrai essere qualsiasi cosa vorrai, piccola Betty» disse la madre.
«Basta che lo desideri con tutta te stessa.» Poi diede il bacio della
buonanotte ai suoi cuccioli e spense la luce.
Molto lontano dalla piccola casa di pietra, nelle montagne vicino al tetto
del mondo, i furetti-filosofi erano giunti alla stessa conclusione, e la
chiamavano saggezza: possiamo raggiungere la felicità soltanto cercando
di ottenere quello che più amiamo al mondo.
Non fu l'ultima volta che Bethany ascoltò la sua storia preferita, ma,
stando a sua madre, quella sera capì, per la prima volta, che un giorno
sarebbe stata sul ponte di un vero battello di salvataggio tutto suo.
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